Il rapimento delle volontarie italiane in Siria, Vanessa
Marzullo e Greta Ramelli, desta ovviamente preoccupazione ma anche sconcerto per il modo disinvolto con
il quale i media hanno trattato l’argomento, evidenziando in commenti e videointerviste a dir poco inopportuni,
vista la estrema complessità dello scenario, la scelta di campo emotiva e
politica, (quando viene resa pubblica) a sostegno delle posizioni ribelli. Non
si tratta ovviamente di rivendicare un ruolo del volontariato al di sopra delle
parti (che non c’è quasi mai)ma di considerazioni elementari per la loro
incolumità e per non complicare ulteriormente trattative sicuramente difficili
e da oliare con un bel po’ di euri. Evidenziare le loro idee sulla guerra
civile potrebbe esporle a rappresaglie da parte dei filogovernativi, se fossero
loro gli autori del sequestro, potrebbe far salire il prezzo se fossero gruppi
ribelli o ad essi affiliati. Questi ultimi potrebbero avere interesse anche ad un esito
negativo per addossarne la
responsabilità ai lealisti; potrebbero diventare pedine nella lotta intestina
alle varie componenti della rivolta, impegnate a spararsi tra di loro oltre che
a combattere Assad. La vicenda ci ricorda in parte quella delle due Simone,
rapite in Iraq e liberate con un esito che mise in evidenza il narcisismo di Scelli
ed i suoi contrasti con Calipari. Non aiutò neanche in quell’occasione la
notizia della precedente collaborazione della Pari con l’allora sottosegretario
Minniti per gestire parte della
logistica delle truppe italiane in Kosovo. Soltanto che quella volta ci furono
probabilmente pressioni per non insistere troppo ed il ruolo dei media, così
come le rivalità nei nostri servizi, non compromisero la sicurezza delle Simone.
A chi giova questa volta complicare le
cose? E non raccontiamoci ciance sulle libertà di informazione che siamo più o
meno sullo stesso piano della neutralità del volontariato.
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