Lo scompaginamento delle formazioni guerrigliere che operano
in territorio siriano da parte delle truppe governative, conseguente alle
profonde spaccature delle centrali ideologiche e strategiche sunnite, nonché
dei diversi interessi d’area dei paesi a
maggioranza sunnita, sta mettendo in fibrillazione i governi europei e gli Stati Uniti. In particolare la solita
Francia dalle rinnovate mire neocoloniali e con l’ambizione di guidare la
politica estera della titubante UE sta spingendo per l’intervento armato, dando
prova di continuità tra il precedente governo Sarkosy e l’attuale esecutivo a
guida socialista.
Lo scalpitante Hollande e la pressione interna dei
repubblicani stanno spingendo un finora riluttante Obama ad avvicinare le portaerei in vista di un possibile conto alla rovescia, come fu
per la Libia, valutando però un intervento anche senza copertura Onu, visto che
la Cina e, soprattutto, la Russia sembrano stavolta determinate ad opporsi.
Abbiamo sempre sostenuto che dietro il l’appoggio occidentale ed arabo ai
ribelli siriani ed ai combattenti internazionalisti sunniti - così come dietro
il ritiro del contingente Isaf dall’Afghanistan, la trattativa con i talebani
ed il riavvicinamento all’islam politico filosaudita da parte Usa - ci fosse
l’intenzione di attaccare l’Iran e ridimensionare il vantaggio da questi
accumulato dopo l’esito della guerra in Iraq; vantaggio accresciuto con l’andamento
disastroso dell’occupazione dell’Afghanistan. Il controllo del territorio
siriano e libanese è parte decisiva per attuare questo disegno anche se a
giudicare dalle prese di posizioni della nuova dirigenza iraniana, in
continuità con quella di Ahmadinejad, l’Iran potrebbe scegliere di entrare
direttamente nel conflitto appena sarà passata la linea rossa in Siria. Lo
stesso vale per gli Hezbollah libanesi, da tempo presenti sul terreno.Il casus
belli è indicato ancora nelle armi di distruzione di massa, stessa bufala usata per liquidare Saddam; stavolta sarebbe il gas nervino ad aver provocato oltre un migliaio di vittime civili. Una strage al pari di quella di Racak, poi rivelatasi commessa dagli insorti, che fornì il pretesto
per l'"intervento umanitario" in Kosovo. Anche
questa è una bufala, con ogni evidenza, perché nessun governo potrebbe usare
un arma simile in una città, addirittura una capitale, dove i quartieri tra
sostenitori e ribelli sono a macchia di leopardo. Mentre non avrebbero troppe
esitazioni a farlo truppe straniere o mercenarie per le quali l’uso di armi
chimiche e di metodi terroristici è
stato più volte denunciato, anche da fonti estranee al conflitto. Ma tanto
basta al futuro aspirante Napoleone ed al’Amleto d’oltreoceano per annunciare
sfraceli, al pari della stampa inglese che già scrive su piani di attacco
condivisi da Londra. Più che mai vanno moltiplicati gli sforzi per non
coinvolgere il nostro paese nell’ennesima avventura che questa volta sarebbe di proporzioni
davvero catastrofiche e va appoggiato lo sforzo siriano per opporsi a questo
disegno imperialista.
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