lupo

giovedì 16 gennaio 2014

Resoconto (sintetico) dal convegno di Chianciano

Sintesi della relazione per riunione L.U.P.O.
ll convegno di Chianciano ha avuto una partecipazione oltre le aspettative mentre secondo le aspettative è stato lo spessore degli interventi, con l’unico neo della impossibilità per il numeroso e motivato pubblico ad intervenire sulle tesi dei relatori, visto il numero elevato degli interventi. Tuttavia proprio la disponibilità dei relatori all’appello ed il loro confronto serrato indica che finalmente questioni che il Movimento Popolare di Liberazione ed altre poche forze ponevano, fino a poco tempo fa in maniera quasi pionieristica, trovano oggi piena cittadinanza anche nel dibattito di molta sinistra, anche parte di quella finora ostracista sulle ipotesi di uscita dall’euro.  In questo senso è stata indicativa anche la lettera dei firmatari il documento Boghetta  in Rifondazione Comunista, impossibilitati a presenziare per gli impegni di partito. Il colpo di mano con cui dalle pagine di Repubblica Barbara Spinelli (immediatamente spalleggiata da Flores d’Arcais, Guido Viale, reti sui beni comuni, lo stesso appello di Toni Negri  ecc..) propone la creazione di una lista civica della sinistra pseudo radicale ed europeista a sostegno del candidato di Syriza, Alexis Tsipras - uscito da un braccio di ferro che lo ha visto contrapporsi ad un terzo della sua coalizione, sfilatasi su posizioni antieuro - mette il partito di Ferrero con le spalle al muro e potrebbe favorire, paradossalmente, le posizioni interne degli antieuristi, finendo per togliere spazio politico a posizioni intermedie. E si conferma  sostanzialmente su queste ultime anche Giorgio Cremaschi, presidente di Ross@, correttamente intervenuto nonostante il rifiuto pretestuoso di partecipare al convegno opposto dalla Rete dei Comunisti.
 L’intervento di Andrea Ricci (che ci sembra diventato un importante punto di riferimento del movimento nelle Marche) ha sostanzialmente ribadito le tesi sostenute questo settembre nella sua relazione  a Pugno Chiuso, ossia di una necessità di uscire dalla moneta unica proprio per salvare il processo di integrazione europea, visione che comporterebbe un cambio nella politica neomercantilistica tedesca per cui la Germania dovrebbe aumentare la propria domanda interna, lasciare quote di esportazioni ai paesi periferici che potrebbero finanziare i debiti pubblici in valuta nazionale mantenendo l’euro come moneta di pagamento per i paesi dell’Unione, tollerando una banda di oscilazione delle euromonete fino al 15%. Ci sembra altamente improbabile che la Germania possa intraprendere questa strada e LaFontaine, che proponeva qualcosa di simile, è stato emarginato nella stessa Linke. Tuttavia resta da capire su quale prospettive  economica vorrà attestarsi  Ross@, dal momento che Vasapollo, altro economista di riferimento, purtroppo non intervenuto per i niet di cui sopra, ha idee di tutt’altra Europa: una euro mediterranea che possa integrare anche paesi del NordAfrica e Balcani con un’altra moneta più o meno sovraimposta: il Med. Questa soluzione che possiamo senz’altro guardare con interesse dal lato geopolitico sarebbe secondo noi bruciata se partisse dalla moneta  finendo per riprodurre, aggravandole, le stesse discrepanze dell’attuale Eurozona. Affinità e divergenze sono affiorate tra la formazione di Cremaschi e l’Mpl, ad esempio si registra la condivisione nel voler rompere con la sinistra delle compatibilità ed incapace di uscire dal baricentro Pd, la volontà di impugnare il debito ed attuare nazionalizzazioni di banche e settori strategici, il rifiuto di questo modello d’Europa ma senza  enfatizzare nazionalismi giudicati pericolosi sin nell’ostentazione di simboli quali il tricolore. Inoltre la tensione condivisa verso forme di nuovo socialismo non coincide esattamente con i soggetti sociali e di classe di riferimento, essendo Ross@ più calibrata verso una figura operaia ereditata dal fordismo e verso il sindacalismo di classe  mentre l’Mpl   è interessato anche ai nuovi movimenti e sussulti che vengono dai ceti medi impoveriti, guardando con interesse all’ascesa del grillismo ed a mobilitazioni come quelle dei Forconi. Moreno Pasquinelli, pur auspicando che in  una sorta di Cln (Comitato di Liberazione Nazionale, riferendosi alla Resistenza) dovranno prendere l’egemonia forze che tengono la barra diritta verso il socialismo, considera per adesso improbabile una uscita socialista dalla possibile deflagrazione dell’Euro e vede invece più plausibile una uscita sovranista-democratica; ferme restando le possibilità di un’uscita liberista, pur con moneta nazionale, o neo-fascista  che sganci la questione della sovranità da quella democratica. Ci soffermiamo su Mpl e Ross@ per via che diversi compagni, i quali condividono il percorso di Lupo ed Osimo in Comune o sono stati vicini a queste formazioni,  oscillano oggi tra queste due aree. Daremo successivamente un quadro più esaustivo del convegno, i cui resoconti  saranno comunque a breve disponibile in rete e sul sito Sollevazione, limitandoci per ora solo a brevi cenni. La presenza di  parecchi delegati sindacali, rispetto a precedenti  convegni su simili tematiche, va considerata positivamente in quanto anche questa indice dello sdoganamento che si fa strada in aree più tradizionali del movimento operaio sulla profondità della crisi e le drastiche scelte necessarie per uscirne, tra queste  senz’altro misure protezionistiche, di salvaguardia dei posti di lavoro mediante il rilancio di politiche di investimento pubblico che cozzano chiaramente con i dettami di Bruxelles ed il cappio del debito pubblico; da qui alla costruzione di un polo sovranista di sinistra il passaggio non è semplice ma neanche chiuso. La maggior parte degli interventi economici tendevano  a mettere in secondo piano le questioni  geopolitiche (ovviamente, visto il taglio del convegno) che rivestono secondo noi una notevole importanza e comporteranno conseguenze non solo deducibili da modelli o tecnicismi per i paesi che dovessero uscire dall’euro e dall’Ue, ma anche di natura politica, diplomatica, commerciale e forse anche militare, dal momento che nell’area europea si gioca una parte del destino dell’Occidente e della Nato, ora che sta dando segni di decadenza l’ordine unipolare a guida Usa e si profilano centri multipolari che potrebbero evolversi in aree macroeconomiche integrate in competizione tra loro. La costruzione sub-imperialista europea è una di queste. Non entriamo nel merito degli interessantissimi interventi in questa sede se non per sintetiche considerazioni; Ernesto Screpanti  vede la vigilia di un conflitto epocale tra imperialismo globale delle multinazionali ed un possbile esito rivoluzionario, che si giocherà in maniera esplosiva più in Asia che in Europa. Noi riteniamo più probabile (e speriamo) il contrario, visto il rapido peggioramento del tenore di vita delle popolazioni europee abituate ad un certo livello di benessere, mentre i paesi in rapida crescita, prima o poi apriranno alla domanda interna redistribuendo in parte i proventi di questa crescita, come fu da noi con il boom economico. C'era molta curiosità per le teorie di Warren Mosler ma abbiamo avuto l’impressione che sia stato illustrato il nucleo semplice della Modern Money Theory  tralasciado le evoluzioni più complesse. Alcune proposte apparentemente semplici  risultano spiazzanti, come quella di usare la lira emessa illimitatamente dalla banca centrale per investimenti pubblici, lasciando i depositi in euro ma garantendo da parte dello stato solo quelli convertiti in lire ed attuando una serie di “incentivi” che dovrebbero rendere la valuta nazionale appetibile e quindi forte, evitando al contempo massicce fughe di capitali. Tassi prossimi allo zero che non obbligherebbero all’emissione di titoli del debito mentre si potrebbe continuare a comprare euro per le transazioni necessarie ed equilibrio della bilancia commerciale; sono altri punti di difficile comprensione, soprattutto in un paese bisognoso di materie prime ed energia per il cui approvvigionamento sono importanti le entrate delle esportazioni  (soprattutto se realizzassimo un sistema economico socialista). Insomma ci è sembrato se non proprio uno scherzo quantomeno un tentativo ottimistico di esorcizzare catastrofismi e presentare improbabili armonie di sistemi, ma ci ripromettiamo di approfondire. Emiliano Brancaccio, senz’altro uno degli studiosi più lucidi, da tempo schierato per l’uscita non solo dall’Euro ma anche dal mercato comune e per forti politiche protezionistiche, ha effettuato un intervento  di contenuto più politico che economico, quasi ecumenico nello spirito, ribadendo l’importanza di definirsi ancora compagni e non lasciare alla destra la gestione di un’uscita dall’euro che in loro mano sarà ancor più liberista.
Tralasciamo gli interventi (a dire il vero stavolta pochi) che riesumavano la solfa dell’Europa solidale dei popoli, se non per dire che sentiamo tale ritornello da oltre un ventennio ma stavolta ci ritroveremo a giugno con la Le Pen al parlamento  europeo, senz’altro all’altezza di coagulare intorno al Front National una destra radicale e reazionaria, tra cui i nostrani Fratelli d’Italia e Lega. Se quindi non affrettiamo i tempi per costruire un polo antieuro sovranista di sinistra avremo la sola destra a convogliare la esponenziale incazzatura della gente con la sinistra che con narrazioni sofisticate sull’Europa utopica si ritroverà a difendere Draghi e la Merkel , ossia l’Europa reale. Condivisibili le posizioni di Marco Passarella, in parte esposte due anni orsono ad Osimo anche se nella sua impostazione, come in quella di Nino Galloni, notiamo la tendenza a riproporre un paradigma sviluppista post keynesiano che oggi andrebbe riconsiderato anche dal lato degli equlibri  del pianeta. Punto di vista, privo degli aspetti più ingenui della decrescita,  tenuto in conto invece da Marino Badiale con la sua critica rigorosa alla sinistra istituzionale, giudicata nella sua essenza storica in difesa delle compatibilità capitaliste mentre quella rivoluzionaria sarebbe stata ininfluente (qui ci troviamo in disaccordo). Badiale giudica improponibile ogni riformismo neo-keynesiano perché non ci sono oggi le condizioni strutturali (più che ideologiche) nel sistema occidentale quindi socialismo o barbarie ma più probabile la seconda. Nelle conclusioni di Leonardo Mazzei si ricorda come la continuazione delle politiche liberiste sarebbe perfettamente compatibile con la fluttuazione della moneta; uscire dall’euro non sarà quindi di per sé sufficiente ma sarà necessario per uscire dalla crisi nell’interesse del popolo lavoratore. L’economia va riportata sotto controllo politico nel solo orizzonte, quello dello stato nazionale, per ora praticabile, dal momento che non è possibile difendere i diritti sociali (diversamente da quelli civili) nel meccanismo del capitalismo casinò che ha nell’euro il fattore decisivo. Si auspica la creazione di un Comitato di Liberazione Nazionale per dar corso ad un processo di rivoluzione democratica avendo la Costituzione come elemento unificante (1)

5 commenti:

  1. Resoconto lucido oltre che fedele.
    Solo vorremmo far notare che mentre la sinistra del Prc (Boghetta-Porcaro) chiede apertamente l'uscita dall'eurozona, ROSS@ non lo fa. Mentre la sinistra del PRC parla apertamante di sovranità nazionale, ROSS@ rifiuta questo discorso per principio.
    Non sono cose da poco, sono cose enromi.

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  2. L'articolo che qui segnalo ci conferma, nei contenuti, che la sceneggiata e` ormai diletto politico anche al di fuori dei nostri confini nazionali...
    http://www2.rifondazione.it/primapagina/?p=10159

    Tuttavia i "protagonisti" del convegno di Chianciano, per molti versi ignorati dai media, dovrebbero chiedere di essere auditi dalla commissione ECON e far mettere "a verbale" le proprie valutazioni sulla troika...
    Si`, insomma, per quello che vale, andare a dirglielo in faccia!

    Ciao.

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  3. L' idea della moneta comune e non unica è ideale proprio perché non essendo unica non riprodurrebbe le asimmetrie dell' euro. E siccome una prospettiva del genere quasi sicuramente dalla Germania non sarà accettata, allora questa proposta della moneta comune ( cioè una valuta di riserva virtuale a cui si aggancerebbero le neo monete nazionali su cui ogni stato avrà autonomia ) può essere usata come strategia d' uscita coordinata per i paesi periferici dell' Unione Europea. Cioè come modo coordinato e non disordinato. Poi è chiaro che maastricht e la bce andranno buttate nella pattumiera della storia. Cioè lo sviluppo dei paesi periferici dovrà basarsi sull' attenuazione degli squilibri commericiali e con controlli sui movimeni di capitale. Nella sostanza si, significa mettere in discussione anche il mercato unico europeo oltre che la moneta unica

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  4. Terminal
    MI sembrerebbe qualcosa di assai complicato. Una moneta comune non rischia di diventare un fac simile dell'Euro? Una moneta comune "di cambio" accettata da tutti, alla fine non farebbe che costituire una specie di Euro. O sbaglio?

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  5. ci sono varie ipotesi di doppia moneta, euro di serie a e serie b, ritorno temporaneo alla moneta nazionale e con margini di svalutazione concordati (tipo sme) per un periodo che consenta di rientrare dal debito, moneta euromediterranea ecc..senza addentrarci per ora nel merito vorrei sottolineare che le varie soluzioni non possono essere considerate soltanto nella loro fattibilità tecnica ed il destino dell'eurozona e dell'Unione Europea è legato anche a questioni geopolitiche ed alla divisione delle aree di influenza che spetteranno ai paesi ancora posti sotto l'egida Nato e l'ordine unipolare scricchiolante garantito ancora dagli Usa. Che sia l'Unione Europea così com'è, con un meridione d'Europa a cui siamo canditati, con o senza moneta comune, od una minieuropa a ridosso della Russia per la quale, senza guardare troppo per il sottile, si imbarca pure la Lettonia e ci si prova con l'Ucraina, poco importa; l'importante è creare una zona cuscinetto omogenea in funzione di contenimento antirussa. Noi ci poniamo anche questo problema: se la dovessi dire brutalmente, anche se questa Europa diventasse Keynesiana (impossibile, dico per assurdo, dal momento che non ci sono le condizioni strutturali) resterebbe comunque la costruzione sub-imperialista per cui è stata edificata sin da Maastricht fino alla moneta unica, cioè dalle tegole, ed andrebbe distrutta per dar vita ad un processo di reale integrazione solidale e socialista. Non si tratta di ripiegare sui confini nazionali per becero sciovinismo ma per sottrarci al destino di diventare l'area di sottosviluppo del sistema integrato dell'Euro, per cui diventa imprescindibile il pasaggio verso la sovranità politica e monetaria. Contemporaneamente occorre cercare un fronte comune con quei paesi e popoli che vorranno intraprendere un simile percorso con i quali la moneta,comune sarà, eventualmente, l'ultimo strumento da uniformare per non riprodurre le stesse discrepanze attuali

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