lupo

sabato 28 giugno 2014

Associazione a delinquere

Il trattato di associazione e cooperazione economica con l’Unione Europea siglato dall’Ucraina di Poroshenko, insieme a Moldova e Georgia, è l’ulteriore passaggio di una politica Nato volta ad esercitare pressione ai confini della Russia. Una pressione sia di carattere economico diplomatico ma soprattutto militare, nella prospettiva della modifica degli equilibri internazionali per cui all’unilateralismo americano si andrà sostituendo la formazione di aree macroeconomiche in competizione di cui quella europea, sia che resti così com’è, sia che rimanga uno zoccolo duro centro-nord-europeo, sarà destinato ad essere zona  cuscinetto ed estrema propaggine Nato verso la Russia, promotrice del nascente blocco euroasiatico. Infatti Putin ha reagito a questa vera e propria aggressione, sia siglando accordi ultratrentennali con la Cina per la fornitura di quel gas, prima quasi regalato all’Ucraina e che ora l’Europa minaccia di voler in parte sostituire con lo shale americano, sia ratificando trattati per la costituzione di un polo economico (ma inevitabilmente politico, data la situazione) con Bielorussia e Kazakistan.
La centralità  della crisi ucraina si evince anche dai trattati in ballo nel mentre si consuma la guerra civile che lascia i morti sul terreno; l’iniziativa di Putin vuol essere una risposta, per ora debole,  non solo alle sanzioni ed all’ingerenza ad est di Ue e Nato, ma anche al trattato di libero scambio tra UE e Usa il famigerato Ttip, che ci costringerà a sorbirci le ciofeghe americane, a cominciare dagli ogm su larga scala. Nella stessa direzione va anche la prosecuzione del sud south stream, caldeggiato dall’”amico” Berlusconi oltre che da Austria e Serbia, il gasdotto che fa rotta a sud tagliando fuori l’Ucraina e che contribuì ad alienare al nostro lungimirante puttaniere le simpatie americane.
 Con gli accordi di questi giorni che completano quelli del marzo scorso si dà sbocco alle rivendicazioni, in parte etero dirette, di piazza Maidan ed al golpe che estromise il debole presidente Yanukovic, non contrario in assoluto al trattato di libero scambio ma desideroso di sfuggirne le condizioni capestro e mantenere la vicinanza con Mosca. L’ingresso delle bande neonaziste in combutta con gli oligarchi ultraliberisti ha accelerato il processo di assimilazione nell’Ue con la conseguente indipendenza della Crimea, tornata alla madre Russia, e con la guerra del Donbass e nelle zone russofone dell’Est; un conflitto che ha dato slancio alle forze filo russe e panslaviste, così come a quelle di orientamento comunista, le quali si vedono nuovamente chiamate a far diga contro l’avanzata dei neonazisti che ostentano platealmente i simboli collaborazionisti dei loro nonni. La fragile tregua di questi giorni difficilmente sarà preludio ad una soluzione negoziata soddisfacente e Putin avrà il suo daffare nel tentar di governare le spinte indipendentiste che ha incoraggiato. Altrettante difficoltà ma di diversa natura iniziano a coinvolgere i paesi europei, in primis la Germania, sponsor del golpe su pressione Usa e costretti dal protagonismo di Obama a metter giù qualche sanzione che li danneggia più della Russia, soprattutto per quanto riguarda le esportazioni ed in prospettiva le forniture di energia e materie prime. Ciò ad ulteriore conferma che la posta è essenzialmente geopolitica. Tra l’altro sarà sicuramente antieconomico mantenere stabilmente Ucraina, Moldova e Georgia in una Unione che già affama i popoli del sud, difficilmente potendo imporre loro le stesse misure draconiane in cambio degli aiuti destinati a sopperire alla passata ed interessata generosità russa. L’effetto sarebbe una pericolosa disillusione quando svanirà il fumo ideologico e le aspettative di benessere alimentate dai vari movimenti, arancioni o neri.
Il tira e molla della diplomazia russa, consapevole di non poter controllare fino in fondo le rivolte dell’Est ucraino, sembra al fondo motivato da una visione strategica di medio periodo che, una volta messa in sicurezza la Crimea (regalata improvvidamente da Kruscev padre all’Ucraina come segno di buon vicinato), non punta a spostare più ad occidente i confini russi, poiché, per dirla semplicemente, si sposterebbero soltanto di diversi km le basi Nato; E’ da ritenere che a Mosca siano più interessati ad avere anche essi una zona cuscinetto, con ampia autonomia e legami “fraterni” che tenga comunque lontane le basi dai confini propriamente russi. Una proposta come quella avanzata da Kruscev figlio, membro oramai dell’establishment intellettuale americano, ossia di una Ucraina smilitarizzata e neutrale per almeno un trentennio appare irrealizzabile proprio perché l’Occidente ha soffiato volutamente sul fuoco  per farne un avamposto geopolitico e militare.

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