Il male assoluto, così come il bene assoluto sono concetti
astratti ed anche pericolosi che possono facilmente scivolare l’uno nell'altro.
Ricordiamoci tutte le guerre del benevole ordine imperiale contro l’asse del
male di turno, rappresentato oggi dal regime di Assad e dal corridoio sciita.
Ma è comprensibile che Domenico Quirico usi
tale espressione, sia per la sua traumatica esperienza che per la altrettanto
traumatica presa d’atto che la rivoluzione siriana non è quella che credeva e
difendeva ma quella che da due anni andiamo dicendo
; una guerra per procura di interessi contrastanti dei paesi limitrofi, praticata in larga parte da mercenari e banditi, appoggiata da Usa ed alleati. Questo non toglie il giudizio negativo che possiamo avere sulle scelte precedenti del governo siriano; anche questo si è prestato a collaborare con gli imperialisti ed ha inaugurato politiche liberiste, combinate con autoritarismo e nepotismo, le quali hanno dato motivazioni comprensibili alle componenti endogene, che pure ci sono, della rivolta. Ma dobbiamo porre sul piatto anche il sostegno dato alla causa palestinese, quello clandestino alla resistenza irachena prima dell’allineamento (tattico) dei sadristi e delle altre formazioni sciite a sostegno degli occupanti; dobbiamo considerare gli elementi di protezione sociale mantenuti, la realizzazione di uno stato capace di superare le divisioni etnico-confessionali.
Ancora oggi, in piena guerra civile, il
regime riesce ad evitare di cadere del tutto nella trappola settaria a cui
cercano di spingerlo le tattiche stragiste dei rivoltosi esogeni. Infatti una
parte consistente delle popolazioni sunnite sta ancora con i lealisti e ciò spiega
l’andamento del conflitto: difficilmente un esercito, per quanto spietato,
potrebbe resistere due anni con il sostegno del solo 10% della popolazione.
Oltretutto parliamo di un esercito che usa l’aviazione e l’artiglieria pesante
in maniera “misurata”; non assistiamo in Siria alle spettacolari
cavalcate-lampo nel deserto con cui le truppe di Geddafi stavano avendo la
meglio sui ribelli in polche settimane, prima che americani e francesi gli
neutralizzassero l’aviazione. Qui assistiamo ad una logorante guerra di posizione
proprio perché i villaggi ed i quartieri sono distribuiti a macchia di leopardo
sul territorio; soltanto le aree a ridosso dei paesi che soffiano sulla rivolta,
reclamando l’intervento di eserciti regolari stranieri, sono state tenute con
una certa continuità dai rivoltosi. In tale contesto è senz'altro impensabile
che l’esercito governativo possa aver usato armi chimiche a Damasco, non così possiamo
dire dei combattenti stranieri per i quali i civili sono spesso scudi umani.
Inoltre il gas nervino provoca danni tremendi agli occhi ed alle articolazioni,
assenti dalle immagini, pur raccapriccianti, diffuse sulla strage di Ghouta. Il quadro che abbiamo di fronte più che
rappresentare il male assoluto descrive una estrema complessità, dove ragioni e
torti non coincidono con i concetti astratti di bene e di male e tanto meno con
quelli di umano ed inumano: Le guerre, specialmente le guerre civili e quelle
di occupazione, hanno da sempre un livello estremo di efferatezza: pensiamo al
Ruanda ,alla Bosnia, alla stessa Libia, situazioni
che Quirico ben conosce… ma lì non c’era nessuna rivoluzione a tradirlo. L’attacco
americano è stato provvidenzialmente
sospeso dalla proposta russo-siriana (ed iraniana), provvidenziale soprattutto per Obama che
rischiava il collasso politico dopo il No del parlamento inglese, il rischio degli
avvoltoi repubblicani in casa ed i ripensamenti francesi; controllo, messa in
sicurezza e futura distruzione degli arsenali chimici in cambio della rinuncia
all'attacco. Indipendentemente da quanto possa durare questo fragile stallo,ci
mostra ancora una volta la difficoltà degli Usa nel ribadire il proprio ruolo
di dominus unico a fronte del crescere delle tendenze multipolari,
sin nello stesso proprio campo di alleanze. Comprendiamo la portata politica e
diplomatica di questa iniziativa che sancisce la fine della tolleranza russa a
lasciarsi emarginare dalle scacchiere dove si gioca l’egemonia mondiale, dove
può definirsi un futuro ordine multipolare ma, in linea di principio, non
possiamo non rilevare l’incongruenza e l’ipocrisia della pretesa interventista.
Adottare la scusa delle armi chimiche denota mancanza di fantasia oltre che di
senso del pudore dopo l’Iraq e, soprattutto, quando a farsi paladini della
linea rossa dell’etica sono coloro che hanno tirato le bombe atomiche in
Giappone, usato quantità industriali di Napalm in Vietnam e sterminato civili e
combattenti a Falluja con le bombe al
fosforo. Inoltre pericoli di disastri ben più grandi vengono potenzialmente
dagli arsenali atomici di Francia, Usa ed Israele; ma a dismetterli ed avviare
una seria moratoria internazionale sulle armi di distruzione di massa i fautori
dell’etica non ci pensano proprio. Siamo pessimisti circa la tenuta di questa
sorta di tregua perché i principali motivi dell’attacco americano permangono
tutti: alimentare le guerre come volano per combattere la crisi (vedi papa
Francesco), riequilibrare a favore dei ribelli l’andamento del conflitto che
Assad stava vincendo per le divisioni nel fronte sunnita, attaccare l’Iran,
rafforzare Israele, umiliare il protagonismo di Mosca, consolidare l’asse con l’Islam
collaborativo e, non ultimo, dare una bella sventagliata di “fuoco amico” alle
formazioni qaediste antioccidentali, come fecero in Libia con i bengasini. Non
ci sfugge (e non sfugge all'insolita
pacifista ministra Bonino) che alcune formazioni combattenti in Siria hanno
comunque una visione antiamericana ed antioccidentale, né che l’epoca dei
nazionalismi arabi socialisti ha esaurito il suo ciclo storico. La convergenza
tra queste fazioni islamiche e gli interessi imperialisti ricorda le famose
convergenze parallele di casa nostra, ma altre considerazioni ci spingono oggi a sostenere il governo siriano e la
maggioranza del popolo che ancora lo appoggia. Una Siria in mano ad un governo
islamico transitorio dei rivoltosi, sul modello libico, sarebbe terreno di
scontro tra le fazioni filo-saudite, qatariote, turche come sta avvenendo in Egitto,
forze guidate da sponsor filo imperialisti (ed oggi meno invise ad Israele del
governo laico) dalla cui lotta reciproca proprio i sionisti trarrebbero vantaggio.
La Russia si gioca non solo la sua base navale nel mediterraneo ma l’accelerazione del declino dell’ordine
imperiale a dominanza Usa; la rottura di tale ordine può dare più chance
alle aspirazioni di indipendenza ed autodeterminazione dei popoli, così come
può rilanciare un movimento per la piena sovranità nel nostro paese che ci
liberi dalle basi americane e dalla gabbia della inattuale alleanza atlantica.
Certo non sarà la Russia di Putin il faro della nuova internazionale ma la
crescita del suo ruolo e peso internazionale, così come quello di altri attori,
farà riemergere contraddizioni antimperialiste che possono oggettivamente
favorire i movimenti rivoluzionari, come fu nell'epoca della guerra fredda.
Inoltre la proiezione internazionalista dei vari modelli ideologici dell’islam politico non lascia intravedere
oggi l’emergere di componenti antimperialiste e, tanto meno di orientamento socialista, ma rientra
nell'estensione della lotta per l’egemonia delle borghesie e satrapie del Medio Oriente
per conquistarsi aree di influenza. Niente in contrario a sostenere
organizzazioni radicate tra le masse pauperizzate quando combattono regimi
corrotti e subalterni all'imperialismo, anche se lo fanno in nome di una
interpretazione del Corano anziché del Marxismo ma per noi - da comunisti -non
è un assoluto neanche Marx, figuriamoci l’Islam. Non possiamo che augurarci ed
adoperarci per la loro disfatta quando combattono un sicuro nemico di Israele,
uno stato, con tutti i suoi limiti,capace di resistere alle mire neocolonialiste
europee ed ai diktat americani e dalla cui demolizione solo questi, nell'immediato,
trarrebbero vantaggio.; una guerra per procura di interessi contrastanti dei paesi limitrofi, praticata in larga parte da mercenari e banditi, appoggiata da Usa ed alleati. Questo non toglie il giudizio negativo che possiamo avere sulle scelte precedenti del governo siriano; anche questo si è prestato a collaborare con gli imperialisti ed ha inaugurato politiche liberiste, combinate con autoritarismo e nepotismo, le quali hanno dato motivazioni comprensibili alle componenti endogene, che pure ci sono, della rivolta. Ma dobbiamo porre sul piatto anche il sostegno dato alla causa palestinese, quello clandestino alla resistenza irachena prima dell’allineamento (tattico) dei sadristi e delle altre formazioni sciite a sostegno degli occupanti; dobbiamo considerare gli elementi di protezione sociale mantenuti, la realizzazione di uno stato capace di superare le divisioni etnico-confessionali.
Lotta di Unità Proletaria Osimo
speriamo che sia un primo esempio di situazione in cui gli Usa non riescono ad affermare il proprio ruolo di dominio militare e che si definisca, come dici tu, un futuro ordine multipolare... ma temo che reggerà poco questa tregua e alla fine purtroppo attaccheranno lo stesso con l'ennesimo pretesto...
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