lupo

giovedì 12 settembre 2013

La banalità del male assoluto



Il male assoluto, così come il bene assoluto sono concetti astratti ed anche pericolosi che possono facilmente scivolare l’uno nell'altro. Ricordiamoci tutte le guerre del benevole ordine imperiale contro l’asse del male di turno, rappresentato oggi dal regime di Assad e dal corridoio sciita. Ma è comprensibile che Domenico Quirico usi tale espressione, sia per la sua traumatica esperienza che per la altrettanto traumatica presa d’atto che la rivoluzione siriana non è quella che credeva e difendeva ma quella che da due anni andiamo dicendo
; una guerra per procura di interessi contrastanti dei paesi limitrofi, praticata in larga parte da mercenari e banditi, appoggiata da Usa ed alleati. Questo non toglie il giudizio negativo che possiamo avere sulle scelte precedenti del governo siriano; anche questo si è prestato a collaborare con gli imperialisti ed ha inaugurato politiche liberiste, combinate con autoritarismo e nepotismo, le quali hanno dato motivazioni comprensibili alle componenti endogene, che pure ci sono, della rivolta. Ma dobbiamo porre sul piatto anche il sostegno dato alla causa palestinese, quello clandestino alla resistenza irachena prima dell’allineamento (tattico) dei sadristi e delle altre formazioni sciite a sostegno degli occupanti; dobbiamo considerare gli elementi di protezione sociale mantenuti, la realizzazione di uno stato capace di superare le divisioni etnico-confessionali.
Ancora oggi,  in piena guerra civile, il regime riesce ad evitare di cadere del tutto nella trappola settaria a cui cercano di spingerlo le tattiche stragiste dei rivoltosi esogeni. Infatti una parte consistente delle popolazioni sunnite sta ancora con i lealisti e ciò spiega l’andamento del conflitto: difficilmente un esercito, per quanto spietato, potrebbe resistere due anni con il sostegno del solo 10% della popolazione. Oltretutto parliamo di un esercito che usa l’aviazione e l’artiglieria pesante in maniera “misurata”; non assistiamo in Siria alle spettacolari cavalcate-lampo nel deserto con cui le truppe di Geddafi stavano avendo la meglio sui ribelli in polche settimane, prima che americani e francesi gli neutralizzassero l’aviazione. Qui assistiamo ad una logorante guerra di posizione proprio perché i villaggi ed i quartieri sono distribuiti a macchia di leopardo sul territorio; soltanto le aree a ridosso dei paesi che soffiano sulla rivolta, reclamando l’intervento di eserciti regolari stranieri, sono state tenute con una certa continuità dai rivoltosi. In tale contesto è senz'altro impensabile che l’esercito governativo possa aver usato armi chimiche a Damasco, non così possiamo dire dei combattenti stranieri per i quali i civili sono spesso scudi umani. Inoltre il gas nervino provoca danni tremendi agli occhi ed alle articolazioni, assenti dalle immagini, pur raccapriccianti, diffuse sulla strage di Ghouta. Il quadro che abbiamo di fronte più che rappresentare il male assoluto descrive una estrema complessità, dove ragioni e torti non coincidono con i concetti astratti di bene e di male e tanto meno con quelli di umano ed inumano: Le guerre, specialmente le guerre civili e quelle di occupazione, hanno da sempre un livello estremo di efferatezza: pensiamo al Ruanda ,alla Bosnia, alla stessa Libia, situazioni che Quirico ben conosce… ma lì non c’era nessuna rivoluzione a tradirlo. L’attacco americano  è stato provvidenzialmente sospeso dalla proposta russo-siriana (ed iraniana),  provvidenziale soprattutto per Obama che rischiava il collasso politico dopo il No del parlamento inglese, il rischio degli avvoltoi repubblicani in casa ed i ripensamenti francesi; controllo, messa in sicurezza e futura distruzione degli arsenali chimici in cambio della rinuncia all'attacco. Indipendentemente da quanto possa durare questo fragile stallo,ci mostra ancora una volta la difficoltà degli Usa nel ribadire il proprio ruolo di dominus unico  a fronte del crescere delle tendenze multipolari, sin nello stesso proprio campo di alleanze. Comprendiamo la portata politica e diplomatica di questa iniziativa che sancisce la fine della tolleranza russa a lasciarsi emarginare dalle scacchiere dove si gioca l’egemonia mondiale, dove può definirsi un futuro ordine multipolare ma, in linea di principio, non possiamo non rilevare l’incongruenza e l’ipocrisia della pretesa interventista. Adottare la scusa delle armi chimiche denota mancanza di fantasia oltre che di senso del pudore dopo l’Iraq e, soprattutto, quando a farsi paladini della linea rossa dell’etica sono coloro che hanno tirato le bombe atomiche in Giappone, usato quantità industriali di Napalm in Vietnam e sterminato civili e combattenti a Falluja con le bombe al fosforo. Inoltre pericoli di disastri ben più grandi vengono potenzialmente dagli arsenali atomici di Francia, Usa ed Israele; ma a dismetterli ed avviare una seria moratoria internazionale sulle armi di distruzione di massa i fautori dell’etica non ci pensano proprio. Siamo pessimisti circa la tenuta di questa sorta di tregua perché i principali motivi dell’attacco americano permangono tutti: alimentare le guerre come volano per combattere la crisi (vedi  papa Francesco), riequilibrare a favore dei ribelli l’andamento del conflitto che Assad stava vincendo per le divisioni nel fronte sunnita, attaccare l’Iran, rafforzare Israele, umiliare il protagonismo di Mosca, consolidare l’asse con l’Islam collaborativo e, non ultimo, dare una bella sventagliata di “fuoco amico” alle formazioni qaediste antioccidentali, come fecero in Libia con i bengasini. Non ci sfugge (e non sfugge all'insolita pacifista ministra Bonino) che alcune formazioni combattenti in Siria hanno comunque una visione antiamericana ed antioccidentale, né che l’epoca dei nazionalismi arabi socialisti ha esaurito il suo ciclo storico. La convergenza tra queste fazioni islamiche e gli interessi imperialisti ricorda le famose convergenze parallele di casa nostra, ma altre considerazioni ci spingono oggi a sostenere il governo siriano e la maggioranza del popolo che ancora lo appoggia. Una Siria in mano ad un governo islamico transitorio dei rivoltosi, sul modello libico, sarebbe terreno di scontro tra le fazioni filo-saudite, qatariote, turche come sta avvenendo in Egitto, forze guidate da sponsor filo imperialisti (ed oggi meno invise ad Israele del governo laico) dalla cui lotta reciproca proprio i sionisti trarrebbero vantaggio. La Russia si gioca non solo la sua base navale nel mediterraneo ma l’accelerazione del declino dell’ordine imperiale a dominanza Usa; la rottura di tale ordine può dare più chance alle aspirazioni di indipendenza ed autodeterminazione dei popoli, così come può rilanciare un movimento per la piena sovranità nel nostro paese che ci liberi dalle basi americane e dalla gabbia della inattuale alleanza atlantica. Certo non sarà la Russia di Putin il faro della nuova internazionale ma la crescita del suo ruolo e peso internazionale, così come quello di altri attori, farà riemergere contraddizioni antimperialiste che possono oggettivamente favorire i movimenti rivoluzionari, come fu nell'epoca della guerra fredda. Inoltre la proiezione internazionalista dei vari modelli ideologici dell’islam politico non lascia intravedere oggi l’emergere di componenti antimperialiste  e, tanto meno di orientamento socialista, ma rientra nell'estensione della lotta per l’egemonia  delle borghesie e satrapie del Medio Oriente per conquistarsi aree di influenza. Niente in contrario a sostenere organizzazioni radicate tra le masse pauperizzate quando combattono regimi corrotti e subalterni all'imperialismo, anche se lo fanno in nome di una interpretazione del Corano anziché del Marxismo ma per noi - da comunisti -non è un assoluto neanche Marx, figuriamoci l’Islam. Non possiamo che augurarci ed adoperarci per la loro disfatta quando combattono un sicuro nemico di Israele, uno stato, con tutti i suoi limiti,capace di resistere alle mire neocolonialiste europee ed ai diktat americani e dalla cui demolizione solo questi, nell'immediato, trarrebbero vantaggio.

Lotta di Unità Proletaria Osimo

1 commento:

  1. speriamo che sia un primo esempio di situazione in cui gli Usa non riescono ad affermare il proprio ruolo di dominio militare e che si definisca, come dici tu, un futuro ordine multipolare... ma temo che reggerà poco questa tregua e alla fine purtroppo attaccheranno lo stesso con l'ennesimo pretesto...

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