lupo

martedì 17 dicembre 2013

Il bivio dei 5 stelle

Per il Movimento Cinque Stelle è un momento molto delicato. Da un lato, Grillo corre il rischio di farsi scavalcare sul piano della radicalità da un movimento come quello dei forconi. Dall’altro il Movimento rischia di essere protagonista di un processo che sta sì scuotendo il sistema, ma di finire per consegnare ad altri i frutti di questo terremoto o tsunami che sia.
Oggi come non mai, insomma, i 5S rischiano di restare prigionieri dello schema che ha costituito finora la chiave del successo. Cerchiamo di capire perché.
Il processo di rinnovamento del Pd può essere valutato come si vuole. Ma un rinnovamento radicale è oggettivamente in atto, e sostenere che è indifferente avere sulla scena Bersani piuttosto che Renzi è utile solo a fini di propaganda.
Per ragioni generazionali, di formazione culturale e per caratteristiche personali il nuovo segretario Pd  presiederà meglio dei suoi predecessori l’ampia zona grigia della sfiducia nella politica. Con quanta efficacia lo vedremo, ma certo la sua visione post-ideologica lo rende  infinitamente più adatto di un Bersani o di un D’Alema nel rivolgersi ad una parte consistente dell’habitat nel quale si muove tradizionalmente il grillismo.
Sull’altro fronte, quello strettamente antisistema, accade qualcosa di altrettanto importante. Grillo non è più solo. C’è qualcosa di esterno al Movimento e che rivendica una sua “nazionalità” e autonomia che gioca o vorrebbe giocare sul suo stesso terreno. E la protesta dei forconi, per un area culturale che proprio sulla esclusività e radicalità antisistema ha costruito la propria identità, può essere un problema politico di non facile soluzione.

Davanti a questo nuovo scenario, il Movimento potrebbe tentare di assorbire la protesta, ma in questo caso pagherebbe un prezzo alto tra gli incazzati “moderati”, che in caso di deriva estremista sono pronti a ridiscutere la loro delega. Al contrario, il Movimento potrebbe smarcarsi con decisione, isolando i forconi e accreditandosi come la faccia “affidabile” del disagio sociale. Ma in questo caso correrebbe il rischio di assimilarsi al Palazzo e alle sue cautele, venendo meno al suo mito di fondazione: l’alterità.
Il quadro dunque è in movimento, tutto il quadro. Grillo può presentarlo come identico a quello di prima, ma lui per primo sa che non è così. Berlusconi è decaduto, il Pdl si è scisso, Renzi ha vinto le primarie meglio del previsto, in piazza c’è una protesta che gioca con le sue stesse parole d’ordine ma che con il Movimento – per molti aspetti sostanziali e di prospettiva – ha poco a che fare.
Possono i Cinque Stelle restare identici a se stessi mentre tutto intorno a loro si sta in qualche modo muovendo? Questo è il punto politico, ed è qui che viene messa in discussione l’identità del Movimento. Perché il suo fondarsi su un assioma indiscutibile e immodificabile (“Nessuna alleanza mai, a noi il 100% o niente”), prevede margini di manovra molto limitati. Questo approccio, che è stato finora vincente, rischia di inchiodarlo in un territorio politicamente “ingessato”, nel quale è difficile muoversi al di là della (ampia) platea di attivisti e simpatizzanti “ortodossi”.
In politica è importantissima la coerenza. Ma ci sono momenti in cui è altrettanto importante l’elasticità.
Grillo ha contribuito a provocare uno scossone nel sistema di vaste proporzioni. Il grillismo ha avuto un ruolo (a mio parere minore) nella decadenza di Berlusconi e (molto più rilevante) nel cambio di vertice del Pd. Non solo. Ora ci si sono messi anche i forconi, che si sono appropriati della sua retorica antisistema e anche grazie ad essa si sono coagulati e imposti all’attenzione mediatica.
Lui sta lì, in mezzo, Da una parte il Palazzo, da una parte una piazza che gli piace fino a un certo punto. E adesso?
La sola possibilità di saltare questi problemi politici è annientare alle prossime elezioni ogni altro partito, conquistare la maggioranza assoluta e governare da soli il Paese. Ma se questo non accade? Nel caso in cui non arrivi il trionfo assoluto e definitivo dei 5S, qual è il piano B che consentirebbe al Movimento di continuare a svolgere una azione politica duratura e riconoscibile? Se il sistema offre progressivi segni di movimento e rinnovamento, con quali strumenti Grillo potrà fare politica? Può reggerà il divieto preventivo di fare alleanze con chiunque? E a che prezzo? Quello di diventare testimonianza?
E ancora. Se la vittoria finale (“Ne resterà uno solo”) non arriva, e intanto si fa strada nel Paese una protesta diversa e in qualche forma concorrenziale col Movimento, come ridefinire l’identità del Movimento stesso?
Spesso, negli ultimi tempi, Grillo ha ripetuto che i 5Stelle sono l’antidoto a proteste di piazza dalle caratteristiche incontrollabili e potenzialmente violente. Ma se queste proteste degenerano, lui da che parte starà?
Grillo e Casaleggio non hanno alcun interesse a trasformare la violenza verbale della propria retorica in violenza reale. Le forme della propaganda grillina sono spesso odiose e inquietanti, e vanno combattute senza tentennamenti. Ma in questi anni non c’è stato un solo episodio di violenza fisica o di strada riconducibile ai Cinque Stelle. Non sono quella roba lì.
Se le strade diventano teatro di rivolta, Grillo che dirà dal suo blog? Dopo aver detto e ridetto che è tutta colpa di Letta, e dopo aver postato qualcosa sui caschi della celere, quando si arriverà al dunque cosa dirà ai suoi attivisti e militanti? Dirà loro di partecipare alla rivolta, sperando in una presa rivoluzionaria del potere, o la va o la spacca? Oppure dirà loro di stare a casa, perché il Movimento è non violento? E se attivisti ed elettori stellati staranno a casa, come farà Grillo ad evitare di diventare la sola cosa che non si può proprio permettere di diventare? Vale a dire, un moderato?
Quando si fa opposizione (e certamente il capo dei Cinque Stelle fa opposizione) c’e’ sempre il rischio che arrivi qualcuno e decida di fare opposizione più di te. Ed è lì che non basta la propaganda ma serve la politica, quella vera.
Per concludere. Sono troppi i se e i ma, troppe le domande di questa fase politica concitata. Ed è impossibile fare previsioni. Ma se Renzi non perde consapevolezza della sua funzione simbolica di rinnovamento, se la protesta di piazza resta in campo, se Berlusconi perde peso, per il Movimento potrebbe essere necessario quella che ai tempi del Pci si definiva una ridefinizione della linea.
Se la sola condizione per governare è “prendere” il Paese e governare da soli, contro tutti gli altri, i  Cinque Stelle corrono il serio rischio di essere ricordati come quelli che hanno dato la “sveglia” al sistema. Non come coloro che lo hanno governato.
E non credo sia questa la loro ambizione.
Giuseppe Cavina

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