lupo

domenica 28 dicembre 2014

Tutele di stato


Non ancora soddisfatti Ichino e Sacconi sulle tutele che resterebbero ai lavoratori pubblici per i quali non si applicherebbe il contratto a tutele crescenti liquidato dal governo. Nel balletto tra precisazioni e smentite sembra emergere dalle dichiarazioni di Poletti & Madia la disparità di trattamento, che vale però anche per la permanenza dei co-co-co nelle pubbliche amministrazione. Il settore pubblico e statale è stato comunque colpito in questi anni dai tagli, dai mancati rinnovi contrattuali, dalle mancate assunzioni  a tempo indeterminato e dalle eterne proroghe ai precari; per non parlare dei dipendenti delle province in stand by. Tuttavia la scelta di “favorirli” rispetto al settore privato nasconde due logiche; una conservativa ma non tanto nel senso lamentato dall’ineffabile Sacconi ma per conservare un bacino di consenso che il PD considera gli venga da pensionati e lavoratori del pubblico impiego; insomma un compromesso tra rivoluzione copernicana e tolemaico voto di scambio.
 L’altra è quella di approfondire la conflittualità tra lavoratori, in attesa di assestare il colpo finale anche ai pubblici. Da parte di un governo che si proclama ultra-eurista, ma con l’ambizione millantata di far cambiar verso anche all’Europa dell’austerità, ci può essere anche il calcolo di non scalfire uno zoccolo duro pro-euro della società; uno stuolo di lavoratori e pensionati delle Pubbliche Amministrazioni che si percepiscono, a torto o a ragione, ancora garantiti e con qualche risparmiuccio in banca, ritenuti una base sociale di tenuta di fronte all’evidenza delle mancate promesse ed all’avanzare della campagna sul referendum, più in generale sull’euroscetticismo montante. I margini di legalità su licenziamenti discriminatori, licenziamenti collettivi e disciplinari consentirebbero ricorsi  sia in base al nostro Codice Civile che alla Corte di Giustizia Europea, come peraltro annunciato dalla CGIL, ma la via maestra resta la ripresa del conflitto sociale e la presa di coscienza in settori popolari sempre più ampi che questi provvedimenti sono dettati, prima di tutto, da Commissione Europea, Germania  e BCE.  Al governo Renzi resta la ottusa determinazione a demolire il paese, spaccando anche il legame tra lavoratori, la solidarietà sociale e generazionale. Basti pensare all'effetto che avrà la garanzia  dei vecchi diritti per i più anziani e la loro negazione per i neoassunti. O le forme di welfare differenziato previste nel nuovo Aspi che andranno a sostituirsi in breve tempo a mobilità e cassa integrazione; in generale le forme di sussidio sono riviste al ribasso e non verranno equiparate a quelle delle aziende più grandi per i dipendenti delle aziende che superassero i 15 dipendenti con nuove assunzioni. Le tipologie di contratto precario non vengono per la gran parte eliminate ma si lascia all'incentivazione degli imprenditori la loro progressiva dismissione; é facile prevedere che perdurando la crisi e la mancata crescita questi rimarranno, mentre le tutele crescenti saranno, in realtà, licenziamenti crescenti al maturare dei diriti previsti.  In questa furia liberista, non tragga in inganno la scelta di intervento statale sull’Ilva; scommetteremmo che vista la determinazione nel vendere ai privati quote di società partecipate, Enav, Enel, Poste, reti strategiche si tratti di un intervento previsto a tempo, come del resto “rassicurato”, il tempo di bonificare qualcosa  a spese nostre per poi rivendere al privato, garantendone profitti al netto.

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