lupo

mercoledì 31 dicembre 2014

Letterina di Buon Anno agli amici del cinema

La crisi del cinema riflette la crisi della sinistra: senza rappresentanza ci si consola con la rappresentazione, passando dai cavalli dei Cosacchi a Cicciolina dei cavalli

Il grande cinema muore con Jessica Rizzo.
Infatti  con lei inizia il porno fai da tè, autogestito e casalingo, a portata di tutti, precursore delle autoriprese internet che hanno distrutto il settore  e con esso il grande cinema. Perché nella sua essenza il cinema è porno; è il treno che buca lo schermo dei fratelli Lumière: una percezione  iperreale, talmente falsificata da risultare più vera del vero, stupefacente nel suo estremo effetto di verità. E’ l’occhio di Bataille, inserito in un punto di vista inaccessibile a qualsiasi pur fantasioso amante, non plausibile nell'esercizio erotico e nemmeno in nessun'altra arte; sono il 37 di John Holmes e i cavalli di Cicciolina. Tutto il resto è parafrasi e citazione: narrativa, pittura, teatro, magari ottimamente reso ma, proprio per questo, incapace di rendere l’unicità della 7° arte.
Gli attori maschili erano essenzialmente gay, come Holmes e Valentino, quindi più romantici e pazienti in un ruolo che non doveva coinvolgerli troppo. Poi è subentrato il sonoro ed è stato un duro colpo, una virata verso la letteratura con il ruolo decisivo delle sceneggiature; poi ancora è subentrato il viagra e ciò che si ostinava a resistere all’offensiva della banalità è sprofondato, con le pornostar costrette a reinventarsi tuttologhi. Il motto di Andy Warhol si trasformava in una maledizione; pur di avere una piccola soddisfazione al proprio esibizionismo frustrato si distruggeva il sogno o l’incubo dell’immaginario collettivo. Oggettistica e piccoli ridicoli cazzettini prendevano il centro della mutata scena, con affastellate casalinghe intente a raccontar le storie di tutti i giorni: le storie di Eugenia Valentini.
“Lo zio di Broocklin” e “Totò che visse due volte” terminano ed iniziano con la stessa scena,  rendendo la struggente nostalgia del grande cinema che fù nello stupore, nel turbamento emotivo del Paleta, quando si precipita ai pisciatoi scosso dalla scena dell’asina; uno stupore della stessa natura che colse gli spettatori dei Lumière, che scosse tanti adolescenti ed attempati voyeurs nei cinemacci di periferia o di provincia (il martedì ed il venerdì al Concerto di Osimo) là dove la grande arte si manifestava in rituali di empatia collettiva. L’omaggio tributato da Ciprì e Maresco al teatro del No ed ai maestri del neorealismo ci indicano al tempo stesso come quell’emozione del "cinema come arte per se" sia irrimediabilmente perduta, non più in grado di creare immaginario collettivo ma tuttalpiù dipendenza compulsiva da videogames e clickate.  Le arti a cui il cinema ha attinto rinunciando alla sua vocazione originale, causa prima del suo declino, torneranno a riprendersi la dimensione catartica della scena. Quella che era divenuta la facile arte, chiamata a gratificare le pruderie intellettuali e voyeuristiche  di massa, troppo svogliate per leggersi un libro, troppo atomizzate per sciogliersi nel rito collettivo del teatro o nella dimensione orgiastica dei pisciatoi dei cinema di periferia, si estingue senza gloria nelle interazioni virtuali dei filmini caricati  in rete.
Quindi, cari amici del cinema, come vedete non ha molto senso spendersi tanto per ciò che non è più; certo rimane da difendere un bene collettivo e ci piacerebbe che tanti cinefili e cinofili (in mezzo a voi, amanti dei cani come dei film da cani) si spendessero anche per altri beni collettivi, come le società partecipate, i servizi, l’acqua pubblica ecc… ma se dobbiamo impedire la vendita del cinema ai pretacci dobbiamo almeno indicare un superaramento del loro progetto che, per quanto privato nei termini del Concordato, assolve comunque ad  ampie (ahinoi!) funzioni di interesse collettivo, abdicate dal pubblico e dallo stato.
Se si intende far del cinema Concerto una nicchia d’essai per aspiranti intellettuali troppo pigri per attingere ad altre fonti, o per zozzoni interattivi soltanto virtualmente, rassicurati dalla dimensione banale e quotidiana dei centimetri rappresentati, tanto vale farne una biblioteca, anche se francescana; comunque sarebbe una operazione culturale più giustificabile. Se poi il problema fosse, per quanti di voi vengono da sinistra e sono passati dai cavalli dei cosacchi alla triste parodia dei cavalli di Cicciolina, quello di riaffermare l’orgoglio laico saremmo pure d’accordo ma allora facciamone un bivacco di manipoli. Una base per riprenderci la città con le altre sue ben più consistenti risorse che stanno per essere svendute.
Buon anno e che porti giudizio.

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